Carissimi lettori, vi presentiamo Gabriele Gentile, un musicista eclettico con una carriera musicale che abbraccia due decenni di passione per la chitarra e otto anni di ispirazione come cantautore.
Cresciuto ascoltando le melodie dei Beatles, i suoni psichedelici dei Pink Floyd, Michael Jackson e Lucio Dalla, Gabriele ha iniziato il suo viaggio musicale a soli 15 anni, appassionandosi sempre di più.
Il suo debutto ufficiale è avvenuto tre anni fa con l'uscita dell'album "CARPE DIEM”.
Il suo ultimo singolo, "COME UN VELENO," pubblicato il 5 maggio scorso, affronta tematiche profonde e personali, gettando luce sul peso delle sfide e dei problemi nella vita quotidiana del singolo e più in generale della società.
Gabriele ha condiviso il palco con artisti di spicco come Thegiornalisti e Roberto Vecchioni, accumulando esperienza e talento. Nel 2017 ha raggiunto le semifinali di Area Sanremo, un'esperienza che ha segnato il suo percorso musicale, mentre il 2023 ha portato nuovi sviluppi nella sua carriera con la firma di un contratto con la Sorry Mom!
Al momento sta scrivendo nuove canzoni e lavora al suo secondo album, dimostrando un desiderio costante di sperimentazione e la volontà di creare nuovi stili musicali, una prospettiva che lo colloca come un "outsider" nella scena musicale. E’ un artista in continua evoluzione, sempre pronto a spingersi verso nuove dimensioni musicali, perciò noi lo terremo d’occhio, siamo curiosi di vedere le sorprese che ci riserverà in futuro.


 foto di Albena Nikolova

Domanda iniziale per conoscerti un po’ di più: chi è Gabriele Gentile? Come ti sei avvicinato alla musica per la prima volta?

Gabriele Gentile è un artigiano del settore, devoto alla musica da quando era un adolescente e, che dopo anni di esperienza live e di collaborazioni, cerca di crearsi un suo mondo musicale, con delle sue
sonorità. Qualcuno che non si aggrega tanto a quello che detta la domanda di mercato, ma che cerca piuttosto di rispondere con un’idea propria. Mi avvicinai alla musica da bambino, grazie ai Beatles ed iniziai a suonare la chitarra nel 2002, pochi mesi dopo la scomparsa di George Harrison (29 novembre 2001). Un po’ come segno di riconoscenza verso i Fab Four e un po’ pensando “Magari una-due canzoni carine riuscirò a scriverle pure io, proviamoci…”

Sei un chitarrista e bassista, quali sono le tue esperienze di studio? Quando hai deciso di intraprendere il percorso di creare composizioni completamente tue?

Dunque, come già accennato nella domanda precedente, iniziai a studiare la chitarra nel 2002. Per quanto riguarda la scrittura, mi applicai già da quell’anno, ma erano ancora chiaramente delle idee
acerbe, lontane dal concetto di stile personale; tempo al tempo. Mi misi intanto a studiare da auto-didatta il basso nel 2010 e il theremin intorno al 2012. Conclusi degli studi da fonico/producer nel 2014 e iniziai a prendere lezioni di canto nel 2015 (anche se avevo già iniziato sporadicamente negli anni passati). Non mi dispiacerebbe un giorno poter imparare a suonare anche il sassofono…

Entrando nel dettaglio, come avvengono le varie fasi della scrittura? Come prende forma l’impronta che caratterizza un brano?

Parte principalmente dall’argomento di cui vuoi parlare, i pensieri, le esperienze fatte, le sensazioni, le metafore che vorresti associare in caso a tali pensieri (o esperienze). E a poco a poco, quando hai
trovato un filo conduttore di tutto quello che hai scritto, cerchi di traslarli in versi, di dare una giusta fonetica anche alle parole, funzionalmente alla canzone, al mood, agli arrangiamenti e all’interpretazione.


foto di Albena Nikolova

L'album "CARPE DIEM" ha segnato il tuo debutto ufficiale come cantautore. Da dove nasce il titolo dell’album?

Riascoltandolo a distanza di quasi quattro anni dalla sua pubblicazione, mi sento cambiato radicalmente (o quasi). Mi dico “Scrivevo e cantavo queste cose? Ok, suona come un album di esordio, e ci può stare, era completamente auto-prodotto, missaggio compreso. Fa piacere riascoltarlo ogni tanto per intero. È stato divertente farlo. Ora pensiamo a fare un bel salto di qualità”.
Il titolo fu un auto-incoraggiamento a dare il meglio di me nello sposare la causa artistica, giorno dopo giorno; a non diventare succube di quello che impone lo show business. Il tempo passa per tutti, inevitabilmente, ed è giudice supremo rispetto a chi ha fatto cosa, a chi ha detto cosa. Non è un
caso che la copertina abbia una clessidra con la sabbia colorata nella parte superiore, e che la sabbia scesa nella parte inferiore si sia tramutata in cenere. Come a sottolineare il divario tra gli attimi da
cogliere, e quelli passati. Tra le altre cose, il titolo lo dedicai con affetto ad una personalità che ha insegnato molto al mondo su cosa vuol dire essere un artista e fare questo mestiere con anima e cuore,
ovvero Robin Williams. Quindi, c’è anche un’allusione al film “L’attimo fuggente”. Senza nulla togliere ovviamente ad Orazio. 

Quali temi o storie hai cercato di raccontare attraverso questo album e come hai visto la tua musica evolversi da allora?

Beh, intitolandosi Carpe Diem, come argomento principale, ho mantenuto quello relativo agli attimi, nelle loro diverse tipologie. Attimi da cogliere, come in Disinteressatamente, canzone sui fidanzamenti/matrimoni influenzati più dal buon partito che dall’amore, che cerca di far ragionare e far prevalere la seconda opzione… fu con quella canzone che arrivai alle Semifinali di Area Sanremo, nel 2017; attimi passati, come ne Il cassetto dei ricordi, canzone nostalgica ed introspettiva, che pone indirettamente una serie di interrogativi su cosa ci rappresenta il passato rispetto al presente e in funzione del futuro, ispirata alla lontana a La sera del dì di festa di Giacomo Leopardi, con un arrangiamento fatto di ritmiche bossanova, armonizzazioni jazz, sonorità grunge e struttura prog… i miei colleghi supporter da una parte mi stramaledicono per la sua difficoltà tecnica dicendo “Ma non potevi tenerlo chiuso sto cassetto e farti i c***i tuoi?” (ahahah!), dall’altra riconoscono l’originalità della canzone in sé; oppure di attimi non colti, come in Eveline, ispirata ad un noto racconto tratto da Gente di Dublino di James Joyce.
A pochi mesi dalla pubblicazione dell’album, che era inizio 2020, stavo cercando di organizzare delle date live. Almeno una a Milano (vivevo lì per lavoro) e una a Roma. Ma poi saltò tutto quanto per colpa
dell’emergenza covid-19. Ricordo che tra il lockdown e l’inizio del 2022 cercai di ricrearmi musicalmente, di capire in che direzione andare. Ma era una situazione storica così particolare, e in continuo mutamento, che non era per niente facile avere dei punti fermi su cui radicare le nuove idee, le nuove canzoni. Se non altro, in quel periodo, ho raccolto sufficienti idee per canzoni che racconteranno di questa vicenda, a mo’ di testimonianza storica. Le riascolto ogni tanto e mi viene la pelle d’oca. Queste idee di cui parlo non riguarderanno il secondo album, ma un album che, sarà sì pubblicato, ma sul quando non so dare una risposta certa. Non penso sia il periodo migliore per farlo, motivo per cui il suddetto progetto lo soprannomino provvisoriamente “l’album proibito”.
Fatta questa parentesi, col secondo album che sto scrivendo e producendo, ho deciso di fare, da una parte, un album pop-rock dove valorizzo anche il mio lato più “chitarristico”. Dall’altra cerco di sperimentare nuove combinazioni di generi musicali di cui per ora non faccio spoiler.


foto di Albena Nikolova

Nel tuo singolo "COME UN VELENO," affronti tematiche profonde e personali. Potresti condividere un momento o un'esperienza particolarmente significativa che ha influenzato questa composizione? Quanto c’è di autobiografico in questo testo ?

Come un veleno la scrissi durante l’estate del 2022. Compositivamente parlando, mi ispirai in parte ai Toto, e in parte ad Eric Clapton. Mi occupai degli arrangiamenti e delle registrazioni delle voci. Il missaggio e il mastering li affidai a Francesco Luzzi del Mulino Recording Studio (già collaboratore di Fabrizio De André, Nek, Marco Masini, Laura Pausini, Måneskin). Di autobiografico c’è fino ad un certo punto. Nel senso che in parte erano delle constatazioni fatte davanti ad uno scenario quasi post-pandemico, di come le persone fossero cambiate radicalmente per delle prese di posizione, alimentate a volte da movimenti estremisti, da pressioni psicologiche varie fatte in un momento di disperazione generale, ecc. In parte tende a ribadire il fatto che, come in una situazione di guerra, nei momenti più critici, la cosa migliore da fare è tenersi stretto chi (o ciò) che ci è più caro.

Numa Echos ha partecipato come attrice al video di “COME UN VELENO” e attualmente stai collaborando con lei come musicista nella sua band live. Parlaci di questa esperienza di collaborazione e del vostro rapporto di stima e amicizia.

Io e Numa ci conosciamo da circa quattro anni. Come ci conoscemmo, ci prendemmo subito in simpatia, ci ritrovammo su tanti aspetti, cominciammo a sentirci periodicamente. Finché un giorno mi scrisse sui social dicendo “Vorrei collaborare con te una volta, questo è il mio contatto”. E andò a finire che lavorammo, prima come attori sul set del mio videoclip “Come un veleno”, e poi come bassista per il suo progetto solista. Il bello è che mi aveva scritto a meno di un mese dai suoi live di settembre, neanche a dire che sono un bassista vero e proprio. Le avevo detto “Guarda, io lo suono in modo molto basilare, molto ABC, tipo With or without you degli U2, vedi tu”. E niente, le son piaciuti i provini e adesso collaboriamo insieme. Un bel feeling, e quando si tratta di lavorare con lei, è sempre un piacere.




frame videoclip
regia Giorgio Paoletti - direzione delle fotografia  Ettore Bartolotti

L'ecletticità è un tratto distintivo della tua musica… 

È vero, e penso che l’idea di auto-circoscriversi in una nicchia musicale, o di pensare di fare un solo genere, sia una limitazione espressiva di questi tempi, oltre che per me. Siamo nell’era dello streaming, dove il fruitore-tipo passa ad ascoltare The Kolors, e poi passa a Madame, poi ai Måneskin, e subito dopo a Salmo. Insomma, sarebbe folle chiudersi a fare solo determinate cose. Specie se sei fortemente
ispirato al punto da voler esporre una tavolozza di colori molto più ampia di quella che può dare una nicchia musicale. L’eclettismo mi permette di essere universale anche tra fazioni musicali che non
c’entrano tra loro. Come a voler dimostrare che se una canzone è bella, il genere di per sé è trascendentale.

Hai condiviso il palco con artisti di spicco come Thegiornalisti, Roberto Vecchioni e ultimamente Andy dei Bluvertigo durante l’evento “CALL for LIVE – Music Festival”. Potresti raccontarci qualche curiosità relativa a queste esperienze. Come ritieni che ciò abbia influito sulla tua crescita artistica e sul tuo approccio alla performance dal vivo?

Con i Thegiornalisti non ebbi modo di realizzare della rilevanza in sé dell’accaduto, per il semplice fatto che all’epoca non erano ancora famosi; Tommaso Paradiso e co., come il sottoscritto ed altri colleghi, stava facendo la gavetta. Era un live tenutosi a carnevale del 2013, al Black Out che stava sulla Casilina (quindi tre anni prima che pubblicassero “Completamente Sold Out”). Con Vecchioni fu una serata speciale; era agosto del 2017, a Marina Palmense (provincia di Fermo). Stavo facendo i provini per arrivare alle semifinali di Area Sanremo; c’era con me la mia ragazza di allora che era venuta a supportarmi; superai le selezioni convinto inizialmente di non avercela fatta, salii sul palco insieme agli altri concorrenti qualificati. E poco dopo salì Roberto. Che tenne un concerto emozionante. Tengo un bel ricordo di quella serata. Con Andy è stata un’esperienza altrettanto interessante. Credo che mi abbia preso in simpatia quella sera, vedendomi indossare la mia classica maglietta degli Einstürzende Neubauten. Da dopo Vecchioni e Sanremo, ho comunque imparato ad avere più self-control con le collaborazioni vip. A ragionare di più sul fatto che in quel frangente non sono solo dei
personaggi pubblici osannati dal grande pubblico, ma anche dei colleghi alla pari con cui devi impegnarti e dare il massimo di te, soprattutto per chi viene a vederti suonare.

Come immagini che il pubblico debba sentirsi quando ascolta la tua musica?

Sinceramente, a tal proposito, non mi sono posto un’idea predefinita. Essendo il mio repertorio abbastanza variegato, immagino un pubblico in parte introspettivo, in parte che, quando c’è una bella canzone da ballare o da pogare, non si fa troppi problemi a lasciarsi andare al suo ritmo, al suo groove.

Quali sono i brani o gli album che consideri la tua "musica di comfort", quella che ascolti quando hai bisogno di rilassarti o trovare ispirazione? 

Dipende dal periodo. Durante la produzione di Carpe Diem, per esempio, ti avrei detto i Pink Floyd, Prince, i Flaming Lips, Max Gazzé, i Gong, David Bowie. Ora ti direi Peter Gabriel, i Toto, Eric
Clapton, i Simple Minds, qualcosa dei Dream Theater. Ultimamente ho rivalutato molto Renato Zero, sia per i testi che per lui, come comunicatore.

foto di Albena Nikolova

Un album (o un artista) che ha cambiato la tua vita e perché…

Più di tutti, direttamente o indirettamente, i Beatles. Sono un loro fan da quando avevo 4 anni; iniziai ad ascoltare la loro musica grazie al lungometraggio animato Yellow Submarine del 1968. Dopo la
scomparsa di George Harrison nel 2001, mi promisi di voler imparare a suonare uno strumento e fare qualcosa di buono nella mia vita con la musica, e fu così che mi misi a studiare la chitarra. E poi a mettere su nel 2003 la mia prima band, insieme al mio migliore amico Andrea (altro grande fan dei Beatles come me), che purtroppo poi passò a miglior vita, nel 2012. Con Andrea andai pure a vedere Paul McCartney suonare ai Fori Imperiali, serata memorabile; quindi il legame con i Beatles è fortemente sentito anche per questo motivo. 
Quando mi misi a studiare ed analizzare la tecnica compositiva dei brani solisti di Paul McCartney, mi si aprì un mondo. Trovavo sempre uno spunto per formulare nuove idee da applicare alle mie canzoni.
Ogni volta è una sorpresa su come riesca a risolvere certi passaggi da una sezione ad un’altra di una canzone, o di come vengono armonizzate, modulate o arrangiate, senza renderle mai scontate. Nel
2015, inoltre, fui accreditato in un video pubblicato su Youtube e canali social di Paul McCartney, perché superai il provino canoro di un contest indetto dallo stesso Sir Paul e dalla sua produzione, MPL
Communications. Il contest in sé era incentrato sul singolo “Say Say Say”. Mi domando tuttora come abbia fatto; quando inviai il provino mi dicevo “Ci saranno persone da tutto il mondo che cantano da più anni di me, diplomati al conservatorio, tecnicamente dei mostri, avranno la meglio su di me al 99%, ma almeno potrò dire di averci provato”. E niente, andò a finire che due giorni dopo mi contattarono per email dicendo che avevano apprezzato la mia performance, e che sarei stato inserito nel videoclip. Non credo di essermi ancora ripreso a distanza di quasi dieci anni, ahahah! Ad ogni modo, i Beatles anche in questo hanno determinato la mia scelta di continuare a fare cantautorato, a fare musica, e dopo quella inclusione, mi promisi di non abbandonare mai e poi mai il mio patto che feci con essa (in quell’anno dell’inclusione nel video, e prima che accadesse, ero quasi sul punto di farlo!), e di non dare più ascolto a certa gente dello show-business, che da qualche anno tentava di mettermi i bastoni fra le ruote, di sminuire il mio lavoro, o di indirizzarmi verso generi di cui non me ne poteva fregare di meno. Un po’ come nel film Sliding Doors, se nel 2015 avessi scelto di dare retta a queste voci piuttosto che fidarmi del mio istinto, non solo avrei abbandonato la musica, ma non sarei mai finito nel video di Paul, non sarei mai arrivato in Semifinale ad Area Sanremo, non sarei finito sotto contratto con la Sorry Mom!, e non sarei stato distribuito dalla Artist First. Viva i tenaci, viva i sognatori, e viva i Beatles!

Qual è il luogo o l'ambiente ideale per te quando vuoi essere più creativo e produttivo?

Dipende dalle circostanze. A volte mi basta una passeggiata al parco vicino casa e un po’ di musica in cuffia, altre volte stando al computer, e sviluppando con Logic le idee che butto giù a poco a poco, alla stessa maniera di un pittore che cerca di completare un suo quadro.

Guardando al futuro, ci sono nuove direzioni o sperimentazioni sonore che hai in mente per le tue future creazioni?

Sto cercando di creare un nuovo stile. Non è facile, perché da una parte ci metti la tua inventiva, ma dall’altra non puoi nemmeno isolarti troppo dal tuo contesto, o rischi di non essere compreso. Sta
di fatto comunque che di recente ho ritrovato degli appunti che mi scrissi a 16 anni, dove avevo buttato giù delle idee per un nuovo (sotto)genere, di cui per ora non faccio spoiler. Di sicuro, in questi casi, penso ad un artista come Peter Gabriel, che dopo i Genesis ed insieme a Robert Fripp dei King Crimson, inventò la world music. Quindi, ecco, in questi casi penso sia opportuno capire quale sia il
giusto punto d’incontro tra il proprio lato creativo e la parte più legata all’immaginario collettivo. Vedremo un po’ come si evolverà questo work in progress…

Hai in programma a breve nuove uscite musicali o video dei tuoi ultimi lavori?

Sto lavorando ad un nuovo album. Che poi si decida di pubblicare qualche altro singolo oltre a “Come un veleno” nei prossimi mesi, vedremo. Sono uno molto esigente, e non pubblico mai nulla che non
mi convinca al 100%.


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regia Giorgio Paoletti - direzione delle fotografia  Ettore Bartolotti

Oltre alla tua attività come solista, sei coinvolto in altre iniziative e progetti musicali paralleli? Parlaci di queste collaborazioni e di come sei riuscito ad inserirti in sonorità più “definite”.

Attualmente, e a parte la collaborazione con Numa Echos, nessun progetto parallelo. Sto provando a portare avanti il progetto musicale di un duo acustico con un mio amico e collega, vediamo un po’ come
va. Avevo ricevuto in precedenza delle proposte di collaborazione da parte di amici e gruppi musicali come chitarrista, ma al momento il problema principale è l’assenza di tempo libero. O per il semplice
fatto che, dopo tot anni di esperienza, decidi di non dedicare troppo tempo, energie ed investimenti in cose che, a lungo andare, non ti diano un minimo di tornaconto. Non per materialismo, ma appunto,
perché ho poco tempo di base, e devo essere fortemente ispirato nel profondo della mia sensibilità per sbilanciarmi ed intraprendere anche strade parallele per conto di terzi.

Oggi le Major puntano molto sui talent e tanti musicisti si fanno conoscere così. Cosa ne pensi di questi programmi ?

Non giudico chi intraprende queste strade, perché ognuno ha il suo modo di riscuotere successo ed è giusto che faccia quello che ritiene più opportuno per sé e per la sua carriera. Penso che siano un terno
al lotto. Se di base hai una major che ti tutela, fai spesso live in cui riempi i locali, hai un buon manager, un buon consulente d’immagine, di marketing, e delle idee musicalmente valide, magari hai più probabilità di andare lontano rispetto ad altri (fattore C permettendo). Ma nell’altro 95% dei casi è un vicolo cieco; se non stai attento a tutte queste accortezze, rischi di ritrovarti con il culo scoperto, e di finire nel dimenticatoio entro 3 mesi/1 anno. Conoscevo alcuni colleghi che parteciparono a dei noti talent, che non riuscirono ad andare molto lontani con le selezioni, e che per colpa di questa cosa, pur dandosi da fare con live, collaborazioni, ecc., finirono in buona parte dallo psicologo col pensiero del tipo “Prima mi conoscevano tutti, ora non mi si fila più nessuno, ho dato tutto me stesso, non è giusto, non me lo meritavo”. Aggiungici poi il fatto che a livello di royalties ti danno le briciole, ti danno meno di mezz’ora di tempo per consultare centinaia e centinaia di pagine di clausole in cui devi sbrigarti nel dire se accetti o rifiuti (qualora venissi preso ad un provino), insomma… personalmente non vedo nel talent una vera e propria svolta, se non hai delle fondamenta robuste. Li vedo il più delle volte come una gogna mediatica basata sul sensazionalismo fine a sé stesso, e poco focalizzata sul discorso artistico. Poi noi cantautori che con i nostri testi cerchiamo di far riflettere, in questo contesto, saremmo potenzialmente degli animali da mattatoio. Come disse una volta appunto Red Ronnie in un’intervista, se non ci sono più personalità che fanno riflettere tipo John Lennon, Bono, Jimi Hendrix, ecc. è perché chi sta ai piani superiori cerca fin da subito di metterli a tacere e di portare la standardizzazione dei prodotti finali verso un’altra direzione. A mio avviso, decisamente anonima. Comunque, per fortuna il mondo musicale non ruota tutto attorno a queste realtà.

Se per un attimo ti fermassi a pensare alla tua musica come una metafora, quali immagini, colori, forme particolari o altri dettagli ti vengono in mente? Come descriveresti la tua musica?

Penso alla figura del pittore. Ogni quadro/album rappresenta un periodo artistico che sta attraversando. Sono d’accordo con quello che sosteneva David Bowie, che quando finisce un periodo artistico,
l’artista metaforicamente parlando muore, e si reincarna in nuove vesti.


frame videoclip
regia Giorgio Paoletti - direzione delle fotografia  Ettore Bartolotti

Chiudiamo questa intervista con una domanda che siamo soliti fare a tutti: cos’è l’Arte e chi sono gli artisti?

L’Arte è come l’ossigeno: senza di essa, moriremmo. Saremmo degli zombie, senza accorgercene. È una disciplina che permette alle persone più sensibili di esprimere sé stesse, senza essere soffocate da una vita basata sui soli numeri e le sole pratiche da sbrigare; una finestra da cui spiccare il volo ed evadere, per chi vede oltre gli orizzonti. Chi sono gli artisti? Sono delle anime ribelli non assopite, che portano con sé una loro verità, in maniera differente da quelle proposte dagli scienziati, o dai
santi. Per la quale lottano ogni giorno della loro vita. Potrei concludere citando la “Smisurata preghiera” di Fabrizio De André: sono dei servi disobbedienti alle leggi del branco […] che dopo tanto
sbandare, è giusto che la fortuna li aiuti.

Grazie Gabriele per averci dedicato il tuo tempo. Ti auguriamo un grandissimo successo e che possa realizzarsi tutto ciò che desideri!

Grazie Art-Waves per avermi concesso questa bellissima intervista. È stato un piacere conoscervi, è stato un piacere rincontrare Mirko dopo tutti questi anni (ci conoscemmo di sfuggito nel 2011, ad un concerto di Claudio Simonetti), e spero di rivedervi presto!






foto di Albena Nikolova


Di seguito riportiamo tutti i link ufficiali dove poter seguire Gabriele Gentile:

Sito ufficiale: 
www.gabrielegentile.net

Copyright © immagini, videoclip e musica di Gabriele Gentile, tutti i diritti sono riservati. 

Intervista di Marianna L.  per Art-Waves 
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