Matteo Trapanese è un cantautore nato a Napoli nel 1999, un artista eclettico che ha fatto della musica e delle parole un mezzo per esplorare le complessità dell'amore, dell'assenza e della comunicazione. La sua capacità di unire musica, poesia e pianoforte jazz, crea un'arte unica che parla direttamente al cuore di chi lo ascolta.
La sua passione per la poesia lo ha portato ad intraprendere studi universitari umanistici, successivamente, ha unito la sua abilità compositiva musicale alla scrittura poetica, dando vita a un genere di canzoni che catturano sia l'essenza delle parole che delle note. Questa fusione ha creato un'arte autentica e coinvolgente, che attinge dall'animo e dall'intelletto.
Il 22 ottobre 2020 segna un momento significativo nella sua carriera quando esordisce con "Un'assenza", il suo primo singolo: canzone che rappresenta un'ode all'amore perduto e alla ricerca continua di ciò che manca, con una profonda connessione tra razionalità ed emotività.
Nel 2021, continua a sorprendere il pubblico con il rilascio di "Canzone di una stanza", un brano che esplora l'essenza della ricerca e della comunicazione attraverso una struttura musicale complessa e coinvolgente.
“Spostarmi” esce a Giugno 2022, una riflessione su come trovare la pace dopo la chiusura di una relazione e sul fatto che la crescita e la comprensione di sé richiedono tempo e sforzo.
Tra le esibizioni più recenti di Matteo Trapanese si annoverano l’apertura del concerto di Anastasio presso la Fondazione Arnaldo Pomodoro (Milano – Giugno 2023) ed il concerto in apertura al live di Giovanni Caccamo durante l’evento “L’arte del cambiamento” di Gallerie d’Italia (Napoli – Settembre 2023).

Domanda iniziale per conoscerti un po’ di più: chi è Matteo Trapanese e come ti sei avvicinato alla musica per la prima volta?

Matteo Trapanese è un cantautore di Napoli. Ci ho messo davvero tanto ad accettare questa definizione, perché sembra sempre che manchi qualcosa: ho iniziato a suonare a 5 anni totalmente da solo e per gioco, suonare per me era equiparabile a qualsiasi altra attività tipica di un bambino, e diventava con il passare del tempo quella che preferivo e in cui investivo più tempo. Ho cominciato con una piccola tastiera cercando le melodie che mi piacevano ad orecchio e cercando di riprodurle, e quella fase di
apprendimento e esercizio totalmente giocoso e di divertimento è stata secondo me fondamentale per sviluppare un carattere istintivo forte nel modo in cui suono e mi approccio allo strumento. Ho sempre rifiutato la definizione di “pianista”, e con quella di cantautore sto iniziando a farci pace.

Quando hai deciso di intraprendere il percorso di creare composizioni completamente tue, come hai scoperto la tua identità musicale?

Ho avuto un passato abbastanza intenso da tastierista in diversi gruppi, tutti falliti per un motivo o per un altro, tuttavia mi hanno fatto capire che la vita passata dietro a una tastiera non faceva per me, nonostante lo faccia ancora qualche volta: sentivo un bisogno di espressione forte che a un certo punto mi ha spinto a cambiare totalmente il modo in cui intendo la musica.

Ci sono libri, film o altre forme d'arte che ti hanno influenzato profondamente e che in qualche modo hanno un collegamento con la tua musica?

Ho un legame molto forte con la poesia, specialmente quella contemporanea: penso che sia il modo migliore di leggere le parole che la contemporaneità offre e usarle come spunto per trovare legami nuovi anche in una canzone. Un autore a cui sono particolarmente legato è Umberto Fiori, poeta milanese. Tutte le mie ultime canzoni sono fortemente ispirate dal suo modo di scrivere, di vedere il mondo, le persone, gli ambienti urbani. Da lui ho imparato che la parola semplice sprigiona una luce pazzesca se messa al posto giusto.

Come immagini che il pubblico debba sentirsi quando ascolta la tua musica?

Sono sempre stato abituato ad avere, nei contesti che lo permettevano, un pubblico attento, anche se la cosa a volte mi mette un po’ a disagio perché non amo il format messa (profeta-fedeli). Sto lavorando a pezzi nuovi da suonare in full band con cui ballare, voglio far ballare la gente, voglio ballare io, anche se non si direbbe.

Qual è il luogo o l'ambiente ideale per te quando vuoi essere più creativo e produttivo?

Cerco sempre di staccarmi dall’ambiente solito, prendo molto le parole da fuori e le rielaboro con le mie idee, quindi quando sto troppo tempo in un posto solo non riesco a scrivere. Quando sto in fase creativa cammino molto, mi sposto, faccio passeggiate da solo (sono un po’ iperattivo).

"Un’assenza" è una canzone che affronta il tema della nostalgia e del desiderio di recuperare il passato. Ci sono tutte le storie e i ricordi passati, in particolare i momenti romantici e i baci, ma emerge il tormento dato da un senso di assenza e di perdita. C’è il conflitto tra il desiderio di rivivere il passato e la realtà della sua irreversibilità. Il brano affronta il dolore e il rimpianto, ma trova un certo conforto nell'idea che le esperienze e l’ amore possano ancora esistere nel pensiero. A tuo avviso, come influiscono i ricordi sulla percezione di chi siamo?

Ho notato che nelle mie canzoni non riesco mai a essere sempre la stessa persona, cado spesso in contraddizioni che non mi fanno provare sempre la stessa emozione: un’assenza è la nostalgia che si scontra con il peso del passato che, essendo passato, è assente ma in un modo o nell’altro continua a esercitare il proprio peso su di noi. Un po’ come i grandi artisti del passato che a volte ci fanno mancare le parole perché le hanno già usate loro.


La canzone menziona il "lento e timido amore che scoppia e poi abbandona". Cosa significa questa affermazione sulla natura delle relazioni umane e sulla vulnerabilità?

Quella è una metafora che associa l’amore a tutte le altre cose: paradossalmente la frase che più parla d’amore ci fa capire che d’amore si è parlato relativamente poco durante tutta la canzone. Il senso è che, come l’amore, tutto ha un inizio e una fine.
Citando Umberto Fiori, “si sta come in ascensore / con uno, con un signore, / per un paio di piani”: anche la compagnia silenziosa e imbarazzante di un tipo a caso in ascensore finisce al piano che verrà.

Il videoclip di "Canzone di una stanza" esplora l'oppressione di vivere in spazi angusti attraverso il contrasto tra la stanza chiusa e la natura esterna. Il protagonista, come nella canzone, si sente trasformato dall'oppressione. Un fiore di oleandro rappresenta la delicatezza e la ribellione alla stanza buia, simboleggiata dalla rottura e riparazione di una tazza con il kintsugi, antica tecnica artistica giapponese che consiste nel riparare oggetti rotti al fine di ottenere un’opera d’arte. Il fiore, nonostante le dimensioni ridotte, rappresenta una speranza di cambiamento nella prospettiva del protagonista. La canzone e il videoclip toccano temi profondi di claustrofobia e trasformazione. Puoi condividere una situazione o un momento personale in cui ti sei sentito particolarmente "inadeguato" e come hai trovato il tuo modo di "rompere la tazza" e cercare la luce?

Purtroppo ci sono dei periodi in cui semplicemente non mi sento come vorrei, ho scritto altre canzoni a riguardo, Canzone di una stanza è quella che proietta questa sensazione all’interno di uno spazio ben definito e esprime una condizione specifica, ma potrei estendere questa condizione anche a altri aspetti della mia vita. Fortunatamente sono molte le volte in cui esco da questa stanza e mi apro agli altri. Quelli di chiusura sono i momenti in cui mi confronto maggiormente con me stesso, dove spesso escono le canzoni più riflessive.

Il 16 giugno 2022 è uscita la canzone "SPOSTARMI" che esprime il desiderio di rinascita e il superamento del passato attraverso la musica. La canzone rappresenta il racconto di una tua profonda esperienza personale. "Spostarmi" è come un "piccolo inizio" che segna una tappa in un percorso di crescita e trasformazione personale, evidenziando il tuo desiderio costante di cambiamento e rivoluzione. Cosa significa per te il desiderio costante di cambiamento e rivoluzione? In che modo questo aspetto si manifesta nella tua vita e nella tua carriera musicale?

Per me il cambiamento è tutto. L’ultimo anno della mia vita è manifesto di questo, quando mi trovo in una situazione di disagio riesco a sopportare per un po’, ma è inevitabile che prima o poi scatti in me qualcosa che mi porta a modificare, a volte anche radicalmente, le mie scelte di vita. Per quanto riguarda la musica, ho sempre avuto un debole per quegli artisti che si sono sempre saputi rinnovare nel corso degli anni, che non si sono mai adagiati sugli allori di un genere nonostante il successo.
Penso a David Bowie, a Frank Zappa, in Italia a Battiato, in tempi più recenti Steven Wilson: punto anche io a essere così versatile, a cambiare e a cambiarmi sempre cercando di esplorare il più possibile!


Chi è Beatrice e cosa rappresenta?

Beatrice è un manichino che ho rubato (scusate), ma ormai ce l’ho da così tanto tempo che mi ci sono affezionato. In realtà è stata la protagonista del video di Spostarmi e l’ho presa in prestito ma mai restituita. Penso che me la porterò in giro durante i concerti!

Ci puoi raccontare come è nata la recente collaborazione tra te e Giovanni Caccamo per il suo bellissimo progetto “Manifesto del cambiamento” (pubblicato da Treccani), un volume di 60 testi che nascono dalle domande “Qual è la tua parola di cambiamento? Cosa cambieresti della società in cui vivi e in che modo?” Tra molti giovani artisti che hanno partecipato, hai scelto di sviluppare una tua riflessione ispirata alla parola “SPARGERE”. Puoi svelarci qualche curiosità sul testo che hai scritto?

La collaborazione con Giovanni è una delle cose belle che mi è capitata quest’anno, tutto nasce quando a marzo mi invita a partecipare a una masterclass tenuta da lui e Alessio Nelli promossa dall’Andrea Bocelli Foundation. Giovanni è una persona speciale e spero di continuare a lavorare a nuove cose con lui. Spargere è una parola che riporta alla mente l’idea del decentramento: in una società in cui vige l’accentramento feroce dei capitali, dei diritti, delle idee, sarebbe bello aprire e “spargere” un po’ della nostra mente altrove. Ci si può solo arricchire.

Qual è stata la sensazione più intensa o il momento di maggiore riflessione durante la tua esibizione in apertura a Giovanni Caccamo presso Gallerie d'Italia?

Sicuramente suonare in un contesto così bello è profondamente stimolante per un artista, specialmente prima di un artista speciale come Giovanni. Un momento particolarmente toccante è stato l’applauso che ho ricevuto dopo aver dedicato la mia esibizione a Giovan Battista Cutolo, il ragazzo collega musicista ucciso per mano della mia città a pochi passi dal luogo in cui abbiamo suonato. Mi è sembrato doveroso, da napoletano, rivolgere un pensiero alla vicenda.

Hai avuto l'opportunità di curare l'audio e gli effetti sonori per la videoinstallazione "Autoritratto" di Giovanni Vanacore, che ha vinto il primo premio nel contest "Artefici del nostro tempo" ed è stata esposta nel padiglione di Venezia alla Biennale. Hai dichiarato che Venezia è affascinante, nonostante la pioggia che ti ha accompagnato il primo giorno, ma ciò che più ti ha colpito sono state le persone che hai incontrato durante questo breve ma intenso viaggio. Queste persone ti hanno dimostrato che, nonostante le sfide, in Italia, nell'ambito artistico, è ancora possibile realizzare qualcosa di straordinario. Quale pensi sia la chiave per creare “qualcosa di bello” nel mondo dell'arte in Italia e oltre?

L’esperienza con Giovanni è stata bellissima, lui è un grande amico oltre che fotografo e videomaker. In Italia è possibile fare qualcosa di bello solo se si cerca l’autenticità, ma penso questo valga ovunque. Viviamo in un momento storico in cui c’è così tanta offerta in ambito artistico che per distinguersi è necessario assolutamente essere fedeli a se stessi. Ovviamente la contaminazione è necessaria, ma ricordando sempre chi si è e perché si sta parlando.

Guardando al futuro, ci sono nuove direzioni o sperimentazioni sonore che hai in mente per le tue future composizioni?

A parte la voglia di far ballare il pubblico, vorrei spingermi verso sonorità più aggressive e forti, mi piacerebbe fare un po’ di casino.

Hai in programma nuove uscite musicali e video dei tuoi ultimi lavori?

Al momento sono concentrato nella scrittura e nella preproduzioni di alcune canzoni che spero vedranno la luce il prima possibile. è un lavoro di ricerca sonora e testuale, mi sto evolvendo molto in questo periodo.


Qual è la tua percezione sull'equilibrio tra l'essere se stessi e il conformarsi alle aspettative all'interno del mondo dell'arte e della musica?

È sempre una questione di equilibri: la chiave sta nello stare in bilico tra accettare determinate scelte estetiche legate a un dato periodo storico (cosa che esiste da sempre) e la propria capacità di aggiungere a questo la propria personalità. Penso sempre ai primi Pink Floyd nati e cresciuti in un contesto rock/blues post beatlesiano che hanno saputo aggiungere a un tipo di musica che facevano tutti un carattere distintivo.

Se per un attimo ti fermassi a pensare alla tua musica come una metafora, quali immagini, colori, forme particolari o altri dettagli ti vengono in mente? Come descriveresti la tua musica?

Gioco molto con le sinestesie, mi piace molto questa domanda. è da quando ero piccolo che associo un colore a ogni nota (il Do è palesemente blu, il Re giallo, il Mi rosso, il Fa vedde eccetera) quindi anche quando ascolto la musica mi vengono in mente immagini e colori. Ogni mia canzone ha un colore, ma nel complesso mi immagino un enorme vortice in cui si mischiano blu, viola, verde e nero.

Chiudiamo questa intervista con una domanda che siamo soliti fare a tutti: cos’è l’Arte e chi sono gli artisti?

Sembrerà banale, ma per me l’arte è semplicemente qualcosa che esiste. Come tutte le cose. Sicuramente chi dice che l’arte è comunicazione, è ricerca, è analisi di se stessi e della società non sbaglia, ma secondo me limitare l’arte a una di queste “funzioni” è riduttivo: l’arte per me è manifestazione totale dell’uomo, e in quanto tale ne esprime tutte le sfaccettature, il bello, il brutto, lo storto, il contraddittorio, l’utile e l’inutile. L’artista è un essere umano che sa cantare.

Grazie Matteo per averci dedicato il tuo tempo. Ti auguriamo un futuro pieno di traguardi
che portino sempre a te e a chi ti ascolta grandi emozioni!

È sempre bello rispondere a domande così mirate, specifiche e interessanti: solo così si ha la possibilità di andare a fondo su alcuni temi sulla propria arte che altrimenti rimarrebbero solo nella propria testa.

Di seguito riportiamo tutti i link ufficiali dove poter seguire Matteo Trapanese:


Copyright © immagini, videoclip e musica di Matteo Trapanese, tutti i diritti sono riservati.

Intervista di Marianna L.  per Art-Waves 
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