Oggi conosciamo Tom Tea, al secolo Matteo Cocca, vincitore del nostro concorso “On the Music Waves – International song contest”, con il brano "See how they glisten". Maestro di Musica, laureato nel 2019 con 110 e lode in pianoforte al Conservatorio S.Pietro a Majella di Napoli.
Un artista poliedrico, il suo repertorio spazia dalla classica al musical, passando dai brani pop alla musica per bambini, fino alla musica sperimentale e alle colonne sonore. La sua carriera annovera già molti riconoscimenti, tra i quali:

Finalista nel concorso Tour Music FestThe European Music Contest (24/11/2022)
1° posto con il progetto “Sol33” nel concorso di arrangiamento “RiarrangiaRiz – Premio intitolato a Riz Ortolani” (02/10/2021)
Audience Award del concorso internazionale Yamaha “Disklavier Composers Contest”(1st edition 29/09/2019)
Finalista del concorso “International Fest – RomaFilmCorto” (09/12/2018)
1°posto e 2°premio della critica con Toni Tonelli nel concorso “Forum Play Music Contest” (08/06/2018)
3°posto e premio Radio CrC con Toni Tonelli nel concorso “Giovani Talenti Music Festival” (26/06/2016)

Compositore, arrangiatore e pianista in molteplici spettacoli teatrali di e con Roberto Azzurro dal 2018, tra questi “La ballata del carcere di Reading” presso il Teatro Stabile di Napoli Mercadante (2019). Arrangiatore per l’orchestra di Violoncelli “Chabercelli” e percussioni “Trawelling with percussion” dei Maestri A. Bertucci e F. Cardaropoli dell’Orchestra al Teatro San Carlo di Napoli (2019/20).
Inoltre pianista con larga esperienza concertistica: Piano City (2015 – 2016 – 2018 – 2019), Piano Lab (2022), International Jazz Day (2016), più svariate esperienze come pianista solista e accompagnatore.

Seguiteci in questo viaggio attraverso l’intervista!

Ciao Matteo, benvenuto! Ti sei aggiudicato il primo premio nella seconda edizione di “On the Music Waves”, come hai recepito la notizia? Quale sono state le tue emozioni?

Il trenta marzo mi sono svegliato, ho acceso il cellulare ed ho trovato la notifica di una mail: "Gentile Matteo Cocca (Tom Tea), siamo lieti di comunicarle la vittoria..." - sarà l'ennesimo iPhone di cui sono il fortunato vincitore, mi sono detto; ho stropicciato gli occhi e riletto meglio.
Primo premio di "ON THE MUSIC WAVES - INTERNATIONAL SONG CONTEST".
Wow!!! Ho guardato Ellah, la mia ragazza, fingendomi atterrito: "C'è una notizia...".
Poi le ho mostrato la mail - e un attimo dopo, mentre festeggiavamo, ho pensato che non avrebbe potuto esserci iniezione di entusiasmo migliore per me e per il progetto che sto tentando di costruire (ve ne dirò nel corso dell'intervista).

“See how they glisten (Hommage to Stephen Sondheim)”, questo il titolo completo del brano vincitore, vuoi raccontare chi era  Stephen Sondheim e di come nasce l’idea di dedicare un omaggio alla sua figura? 

Il fatto che volessi fare un omaggio, a dire il vero, l'ho capito mentre improvvisavo e componevo il brano nella sua forma primordiale, al/per pianoforte. Ci ho sentito degli echi inizialmente non previsti, segno di un profondo assorbimento avvenuto; non avrei potuto ignorarlo, doveva prendere forma perché io potessi raccontarlo.
Stephen Sondheim (1930-2021) è stato uno dei più importanti artisti della storia del teatro musicale: compositore, paroliere e drammaturgo, divenuto celebre soprattutto attraverso i suoi testi per "West Side Story" e per il suo musical "Sweeney Todd" - che qui in Italia ha acquisito popolarità grazie alla trasposizione cinematografica di quello strepitoso regista che è Tim Burton. Io quel film lo amai da subito, ma la scintilla per le sue canzoni, in realtà, è scoccata in me solo pochi anni fa. Una folgorazione. È successo che, ad un certo punto, ho trovato lì dentro una perfetta sintesi di elementi che mi appassionano e che provengono da tutti i miei percorsi musicali di ascolto, studio, ricerca.
Lì dentro e nell'intera produzione di Sondheim che ho poi voracemente provveduto a fagocitare con le orecchie. Provo ad analizzarli.
Primo/un tripudio di armonie sempre sorprendenti - ecco, come consumatore di musica ho uno sfrenato bisogno proprio di questo: di accordi e sequenze di accordi che mi facciano alzare le sopracciglia.
E che io possa non capire, non inquadrare e contestualizzare, quantomeno non immediatamente.
Secondo/temi mai prevedibili e banali, mai (come si suol dire) "gigioni"; anche nei momenti di pieno trionfo del più languido melodismo non v'è traccia di autocompiacimento e si rintracciano spesso, invece, venature dark e/o di forte ironia. Temi pregni di teatralità. Il tutto in quello stile compositivo "sillabico" che è altra mia ossessione: ad ogni sillaba delle parole corrisponde una nota diversa - mi piace quando una melodia viene scritta per una voce seguendo gli stessi principi che (di solito) è buona norma seguire se si scrive, ad esempio, per un clarinetto o un violoncello. E cioè ricordando che la voce è pur sempre uno strumento e trattandolo come tale fino in fondo. Creando melodie "che camminano", ricercando una varietà nell'andamento melodico.
Terzo/e poi i testi, zeppi di giochi fonetici e lessicali e che riflettono in modo straordinario la psiche dei personaggi che li cantano; e ancora, le accattivanti trame contrappuntistiche e quegli sviluppi dialogici così raffinati - Sondheim definiva le sue canzoni "conversational songs".
Il desiderio di omaggiare questo grande Maestro nasce, quindi, da una profonda gratitudine. E dal bisogno, che mi appartiene, di mettere a disposizione, di condividere con altre persone la luce che anima i miei viaggi di scoperta. Umilmente condividere, si, più che insegnare.

Sappiamo inoltre che la borsa di studio vinta sarà dedicata alla realizzazione di un progetto più grande sempre dedicato a Stephen Sondheim, raccontaci nel dettaglio di cosa si tratta.

È un progetto che mi toglie il sonno da diverso tempo: si tratta di uno spettacolo che racconti Stephen Sondheim, la sua vita ed il suo lascito artistico, attraverso una narrazione teatrale che si intrecci ad una concertistica - con un repertorio di brani tratti (principalmente) dai suoi musical ed un cast di  cantanti/attori/musicisti. E "See how they glisten" concettualmente al centro, come leitmotiv. È chiaro che non è semplice mettere in piedi una cosa del genere - e forse, qui, non lo è del tutto nemmeno proporla. Ci lavoro senza tregua, muovendomi su più fronti. Sto scrivendo, trascrivendo e arrangiando, studiando e provando, contattando e cercando luoghi, artisti, possibili produttori e investitori - o comunque persone a cui la vicenda possa interessare, persone che possano in qualche modo sostenermi o indirizzarmi. È dura, però sono fiducioso ed entusiasta.
E questo importante premio vinto, oltre a stimolarmi ulteriormente, mi fornisce un contributo concreto.
Mi fermo qui, essendo il tutto ancora in piena progettazione e costruzione - nella speranza di potervi dare aggiornamenti molto presto...

In“See how they glisten” fai uso di un espediente tecnico denominato “transizione”, ossia il passaggio diretto da una tonalità ad un’altra senza che vi sia una modulazione. Questo modo di trattare l’armonia è tipico del genere musical, a cui il tuo brano deliberatamente si ispira, ma è un elemento che troviamo anche in altri tuoi brani. E’ una tua cifra stilistica?

Vi ringrazio molto dell'osservazione e della domanda, l'armonia è argomento sempre graditissimo!
La risposta è si, è una tecnica che adoro e con cui ho familiarizzato nel corso di ascolti di vario tipo, dall'area musical a quella per esempio della musica progressive - che pure avete giustamente riconosciuto, tra le mie influenze, nel commento a "See how they glisten".
Armonicamente amo ed indago ogni possibile "effetto sorpresa", ne sono ghiotto.

Quello che ha colpito la giuria in questo brano è l’eccellente scrittura contrappuntistica che deriva dai tuoi studi musicali in conservatorio. Oggi è abbastanza raro trovare questo tipo di scrittura nella musica pop. Pensi che se gli autori/compositori di oggi avessero un bagaglio culturale “più ampio” potrebbero scrivere brani più interessanti?

Lusingato anche da questa nota.
Mi interessa tutto ciò che è contrappunto, in ciò che scrivo e che ascolto e idealmente nell'arte in genere. Il contrappunto come filosofia, come modo di pensare. E sono convinto che, prima o poi, nella musica si tornerà ad abbracciare l'orizzontalità a discapito della verticalità, se pure in forme sonore del tutto nuove - questo bisogna augurarselo.
Ma rispondo alla domanda.
Dunque, non solo lo credo: ne faccio una missione di vita, per quello che può essere il mio piccolo contributo! Ad un allargamento di vedute e conoscenze di qualsivoglia artista corrisponde, dal mio punto di vista, un ingrandimento della possibilità di lasciare una traccia interessante. Anni fa creai su Facebook un gruppo che chiamai "Happy New Ear" - proponeva qualcosa di semplice ma secondo me potenzialmente forte: si chiedeva a chiunque avesse voglia di iscriversi di linkare musica (magari mentre si trovasse ad ascoltarla). Una rapida manciata di click per fare una condivisione, nulla di impegnativo. Uno scambio continuo: Tizio condivide un pezzo, Caio risponde con un altro, Sempronio con un altro ancora. Insomma, quante perle musicali ci siamo persi e quante non conosceremo mai? Quanti "generi", quanti artisti e capolavori ignoriamo? Non credo, certo, di aver avuto chissà quale rivoluzionaria idea; tuttavia, se questo ingranaggio fosse seriamente partito, chissà che non avrebbe potuto accendere la scintilla di un fuoco un po' più grande... E invece niente, ci fu solo qualche timido e sporadico intervento. Non fa nulla, posso comunque condividere altrove quello che mi pare, posso tutti i giorni combattere le mie piccole grandi battaglie.

Tra le tue varie attività annoveriamo anche numerose collaborazioni. Ad esempio nei brani “Friends” e “Tori domatori” hai collaborato con Carl Hyle, che compare anche come uno dei cantanti nel brano con cui hai vinto il concorso. Vuoi parlarci della collaborazione con questo artista?

Anche collaborare è fare contrappunto. Nota mia "contro" nota tua, idea mia "contro" idea tua. È il polemos eracliteo che è padre di tutte le cose - ed è la ricerca anche del compromesso, che è un concetto secondo me molto importante nell'arte.
Con Carlo Campanile (Carl Hyle) apriamo il capitolo "amici di sempre". Ci conosciamo dalle medie e non ci siamo mai persi. È sempre stato un mio punto di riferimento, un modello: per la sua inarrestabile fame di sapere, la sua inclinazione allo studio. Il suo talento musicale, poliedrico. E tantissime altre qualità umane, certamente. Vi racconto della collaborazione per i tre brani che avete riportato.
In "Tori Domatori" potete ascoltarlo alla chitarra elettrica, lui che proviene da quella classica in conservatorio. Scrissi questo brano nell'ambito del progetto (solo temporaneamente accantonato) di un concept album legato all'immaginario di un bizzarro circo macabro, un po' freak. Gli chiesi di suonare la parte di chitarra che avevo già scritto (ma che poi pure personalizzò con degli spunti che mi piacquero moltissimo).
"Friends" è stato invece il preludio del corposo lavoro condiviso in "See how they glisten": fu un regalo - scrisse questo testo su un mio brano per pianoforte e lo cantò, registrandosi. Carlo scrive canzoni e canta, da sempre. E come canta! Per anni io gli ho detto: "Credo che quello che tu scrivi e quello che scrivo io potrebbero incontrarsi in una dimensione...musical!". Ed è successo definitivamente con il "progetto Sondheim" e con il testo, o meglio, con i cinque testi che ha scritto - è stato il baritono, si, ma anche e soprattutto l'autore. Si tratta di una sorta di riflessione, in un ambiente assolutamente metaforico e metafisico, sulla "morte" di un compositore, che avviene nei momenti e nei modi in cui egli può separarsi dalle sue opere, dai suoi figli. Il lavoro sul testo è stato un viaggio incredibile.



Vuoi presentarci anche gli altri interpreti del brano “See how they glisten”? Giulia Lepore,  Gianmarco Cacciapuoti e leggiamo anche il nome Giulia Ottonello, nota al grande pubblico per la sua partecipazione e vittoria al talent show “Amici” (seconda edizione).

Li presento con immenso piacere.
Gianmarco Cacciapuoti è un altro amico di sempre. Lo conosco da...diciotto anni, se ho fatto bene i conti. Quante avventure insieme! E quanta musica, con un pianoforte ed un microfono! Pianobar, eventi, concorsi. Siamo stati un duo, a lungo; e in fondo lo siamo sempre. Amicizia inossidabile, grandiosa e versatile voce tenorile che conosco come le mie tasche: non avrei potuto mai fare a meno di lui.
Veniamo al reparto femminile.
Giulia Lepore è una bravissima soprano che si è prestata per me a fare il contralto con slancio e risultati eccellenti. Figlia d'arte: il padre Carlo non ha alcun bisogno di presentazioni - e se poi penso che ha doppiato Gaston nelle canzoni di "La bella e la bestia" del 1991, da fanatico della Disney e soprattutto dei capolavori di musica firmati Alan Menken quale sono...beh, tanta roba! Conobbi Giulia negli anni di conservatorio a Napoli, ma questo progetto ha fornito senza dubbio l'occasione di avvicinarci, artisticamente ed umanamente. Dagli amici di sempre agli amici trovati.
Manca all'appello solo il posto di soprano di Giulia Ottonello, che vinse, come avete ricordato, la seconda edizione di "Amici" (all'epoca "Saranno Famosi") nel 2003. La sua carriera non si è certamente fermata a quel traguardo - anche qui non occorrono presentazioni, il suo curriculum parla al posto suo.
Non posso non sottolineare che è stata la voce di Giselle nelle canzoni dei film Disney "Come d'incanto" (2007) e "Come per disincanto" (2022) - anche queste portano la firma del buon Menken.
Ho avuto modo di coinvolgerla grazie a Pietro Pignatelli, altro strepitoso e rinomato artista che ho conosciuto in uno spettacolo in cui condivideva la scena con Roberto Azzurro, quel geniale regista ed attore di teatro con cui lavoro da quasi un decennio. L'amico geniale. Giulia è stata disponibile e generosa, entusiasta ed entusiasmante per bravura. È rimasta colpita dal brano, dal progetto e da tutta la squadra trovata qui a Napoli. Ci aggiorniamo, di tanto in tanto.
Dagli amici trovati a quelli inaspettati.

Nella tua produzione musicale emergono molti indirizzi stilistici, dalle canzoni per i bambini, all’esecuzione dei classici delle colonne sonore di film horror, fino al musical. Questo interesse ampio verso molteplici generi musicali da cosa emerge? E’ un’esigenza pratica di ampliare le possibilità di lavoro oppure è qualcosa di più profondo, una curiosità nell’approfondire le infinite espressioni umane? (O entrambe le cose?)

Non c'è nulla di stabilito, in questo, no.
E mi verrebbe anche da aggiungere che se da un lato si può pensare che scegliere di spaziare convenga, per allargare i propri orizzonti lavorativi ed avere un maggior numero di occasioni, dall'altro il rischio di risultare più difficili da identificare e quindi "collocare sul mercato" è alto e pericoloso. Ma non mi interessa, in ogni caso: questa modalità "esplorativa' è banalmente specchio della varietà dei miei gusti, della mia curiosità, del mio ricercare in lungo e in largo. Ho avuto la fortuna di ricevere tanti input, sin da piccolo, dai miei genitori, amici e familiari: jazz, rock, prog, funk, bossanova, reggae, cantautorato.
Poi ci ho messo del mio, crescendo: l'elettronica, l'ambient, il musical e le colonne sonore, il country e la celtica ed il folk di varie aree geografiche - mi appassiona molto il cercare di capire da dove provengano certe caratteristiche musicali folcloriche e per quali possibili motivi siano rintracciabili, a volte, in culture apparentemente assai "distanti" (ho dedicato a questo interesse la mia tesi di laurea in conservatorio). E chiaramente la "classica", che virgoletto perché detesto ed a mio modo combatto le distinzioni di genere - qui c'è il punto cruciale della risposta, mi spiego.
Nella maggior parte dei casi trovo che si accosti l'attributo "musicale" al sostantivo "genere" in maniera impropria, e cioè considerando dei tratti che non hanno niente a che fare con questioni timbriche, ritmiche, melodiche o armoniche. Insomma, con questioni musicali.
Cos'è, ad esempio, il pop, se non un concetto, un'intenzione? L'intenzione di scrivere musica che possa ottenere la massima pop-olarità immaginabile, incontrando il gusto dei più?
E come possiamo chiamarlo, allora, 'genere musicale" se ciò che lo identifica come genere non ha nulla a che vedere con elementi musicali? Ecco, il mio spaziare è legato anche ad un desiderio di abbattere (sempre nel mio piccolo, nel mio minuscolo) confini e barriere che non fanno per me bene all'arte.
Fanno bene "all'industria", piuttosto. Mi piace sperimentare, solo questo.
Esistono, io penso, solo due generi di musica: quella fatta in maniera emulativa con l'intento di soddisfare palati e quella fatta con l'intento di lasciare un qualche segno, di dire qualcosa di personale, intimo (e quindi in qualche modo unico). Cerco di appartenere alla seconda categoria, con grande umiltà.

Sei compositore, arrangiatore e paroliere per “Metamostri”, una web serie per bambini che si trova disponibile su youtube. Nella parte finale de “Nella notte delle zucche” citi l’incipit della famosissima Toccata di Bach in re minore, mentre in “Impariamo le 4 stagioni” chiaramente ti rifai a Vivaldi. Quanto del tuo bagaglio classico c’è nelle tue composizioni? Parlaci di questa esperienza con la musica dedicata ai più giovani. 

Quanto mi sono divertito, con la citazione bachiana e con le canzoncine sulle note di Vivaldi!
Beh, devo dire che ho trovato una perfetta spalla per questo genere di cose in Luca Iavarone, che oltre ad essere ideatore e direttore editoriale di "Metamostri", è anche un musicista, un compositore.
Il mio bagaglio classico, innanzitutto, vive in ogni cosa che creo: mi fornisce in ogni occasione delle coordinate per orientarmi, per districarmi tra stili talvolta anche lontani da me. Intendo dire che, avendo avuto un enorme rilievo nella formazione del mio pensiero musicale, è in qualche maniera partecipe in tutte le mie forme di espressione musicale. Vi attingo spesso, alle volte meno ed alle volte più consapevolmente: per costruire contrappuntisticame delle parti o per sperimentare commistioni; per fare delle citazioni, anche solo stilistiche; per creare dei momenti inaspettati e bizzarri. O per puro divertimento.
Qualche parola su "Metamostri', realizzato da Ciaopeople: è un format che pone al centro l'educazione emotiva e digitale, alla cui scoperta si propone di guidare i bambini (dai tre anni in su). Affinché possano avere un rapporto più sano ed equilibrato con la realtà virtuale, nello switch analogico-digitale che è sempre più protagonista nelle vite di tutti. Ma nella mission del programma rientra, senza dubbio, anche l'educazione all'ascolto - attraverso un lavoro compositivo e di arrangiamento che quantomeno tenti di offrire una varietà ed una qualità troppo spesso negate ai bimbi di quest'età dai cosiddetti "content creator". Giocando con sonorità di oggi, di ieri e dell'altroieri, senza confini temporali e geografici o di altro tipo. Senza porre limiti alla fantasia. Sono, questi, obiettivi che portano con sé delle enormi responsabilità; io ne avverto il peso ma mi ci sento a mio agio, è una vicenda che tocca corde che mi risuonano dentro. E poi mi interfaccio con un folto team di professionisti: doppiatori, sceneggiatori, montatori, tecnici, coreografi. È molto bello. 



La tua formazione classica emerge in modo evidente nel brano “Piano fantasma” scritto per Disklavier, un pianoforte acustico con interfaccia MIDI dove appunto il pianista non c’è, da cui il titolo anche un po’ ironico. Il brano è stato inviato al “Disklavier Composers Contest”. Vuoi parlarci di questa esperienza?

L'esperienza Disklavier è stata suggestiva: scrivere per uno strumento acustico - e che strumento! - in grado di gestire (se non erro) fino a 30 voci di polifonia, di eseguire passaggi a velocità surreali e con una precisione dinamica e ritmica ai limiti dell'impossibile...insomma, eccitante! Il lavoro, potenzialmente, di tre pianisti alieni che usano in contemporanea tutte e dieci le loro dita.
E soprattutto possibilità creative straordinarie, per un compositore!
Nella mia "Piano Fantasma" c'era ironia, certo, abbinata alla mia passione per le tinte dark.
C'era l'immaginazione di un pianoforte che non ha bisogno di un pianista per suonare perché è infesfato. E ci sono dentro giocosi riferimenti classici, per esempio al pianismo di sponda lisztiana.
C'è dentro il mio amore per certi linguaggi armonici, dal tardo ottocento sino al mio adorato Danny Elfman, colui che ha dato suono al mondo visionario di Tim Burton. Oltre a quella della scrittura, sono state interessanti tutte le fasi della partecipazione al contest, dall'ascolto di altre opere all'esplorazione della fiera "Cremona Musica". Un ricordo da incorniciare.


Hai scritto altri lavori per questo strumento? (Disklavier)

No, purtroppo non mi è ricapitato di scrivere per Disklavier. Ma vorrei proprio che ricapitasse, considerando anche che quando vi partecipai scoprii il concorso in ritardo - restava poco tempo per l'invio delle candidature e dovetti comporre abbastanza rapidamente. Vorrei provare a farlo meglio, con un lavoro un po' più approfondito.

In un altro brano, con uno stile da cantautore,  “Gigli bianchi” ti sei avvalso della collaborazione di Francesco Brigante. Come è stato lavorare con lui? Come è nato questo brano?

Francesco Costantino, in arte Francesco Brigante: chiudiamo il capitolo amicizie con "l'amico ritrovato". Permettetemi di presentarlo. Ci conosciamo sin da piccoli, abbiamo una casa nello stesso palazzo in montagna, a Campo di Giove, in Abruzzo; ad un certo punto ci siamo persi, per diversi anni, per poi incontrarci di nuovo e nel segno della musica. Faceva il rapper - ed in un certo modo non ha mai smesso di esserlo; ma quello che lui non potrebbe essenzialmente smettere di fare è scrivere.
È un avido lettore, un intellettuale, un poeta vero. Quando ci siamo ritrovati, Francesco ha ascoltato alcuni miei lavori strumentali e se ne è innamorato, decidendo di scriverci sopra dei testi. E così sono rimasto folgorato dalla sua penna, dalle sue immagini, dai suoi sfondi classici, filosofici, mitologici.
Nel tempo abbiamo collaborato a fondo, scrivendo spesso insieme ed in svariate modalità.
Anche per "Gigli bianchi" è stato lui a versificare spontaneamente su di un mio brano per pianoforte, ispirandosi a "23 Ottobre 1917" di Garcìa Lorca. Credo che il nostro connubio di suoni e parole abbia qualcosa di magico che deriva da una sorta di meccanismo di "riconoscimento reciproco". Ci sentiamo comodi, dentro le rispettive creazioni. A casa. E a casa, spesso, si scrive che è una meraviglia.


Durante gli anni della pandemia ti sei dedicato alla musica per cortometraggi, partecipando anche a diversi concorsi. E’ stata l’impossibilità di dedicarsi alla musica dal vivo che ti ha spinto verso questo lavoro, oppure era un sogno che già accarezzavi da tempo?

Lavorare per il cinema come compositore è qualcosa su cui fantastico da molto. Ha sicuramente avuto una grande incidenza, in tal senso, la mia venerazione delle soundtracks di artisti come ad esempio Williams e Morricone ed i già citati Menken ed Elfman. A ben pensarci, tutta la mia musica è un po' un lavoro per immagini; e poi c'è la dimensione teatrale, in cui ho iniziato ad addentrarmi nel 2016, con e grazie a Roberto Azzurro. Però si, ecco, gli anni di pandemia mi hanno spinto a sperimentare concretamente e per la prima volta la colonna sonora di ambito cinematografico. Ed è stata una palestra che mi torna utile, oggi, per "Metamostri". Sul mio rapporto con lo stare in scena e con lo stare "dietro le quinte" potrei dire questo. Se pure come musicista mi affascinano ambedue le condizioni, quella "on stage" genera in me un dissidio: da un lato sento di avere un mio mondo anche "estetico" da raccontare, dall'altro non mi sento del tutto self-confident nel farlo fino in fondo e come vorrei. Saranno il tempo e le esperienze future a rivelare cosa prevarrà, quali collocazioni e modalità.

Cosa rappresenta per te la musica ed il “fare musica”? 

Nelle precedenti mie risposte potreste di sicuro rintracciare la risposta anche a questo: la musica è un'occasione di ricercare, fare musica è fare ricerca. Per me è (quasi) tutto lì; sarà che sono figlio di due ricercatori, chimici - per carità, il loro ambito non farebbe proprio per me. Sperimentare è ricerca.
Anche insegnare lo è. E credo molto nel valore paideutico che ciascun musicista ed artista dovrebbe, in qualche misura, portare con sé: se ognuno si preoccupasse di più di condividere con gli altri i frutti dei propri personali percorsi...sono sicuro che molte più lampadine di curiosità si accenderebbero. E questo potrebbe rendere il mondo un posto migliore (per completare il quadretto sui massimi sistemi). Abbiamo il potere di incuriosire ed appassionare, oltre a quello di incuriosirci ed appassionarci. Valore paideutico e soprattutto maieutico.

Abbiamo ascoltato diversi tuoi lavori e composizioni del tuo vasto repertorio, hai realizzato anche composizioni sperimentali, c’è un territorio inesplorato dove vorresti spingerti? Uno stile diverso al quale vorresti rivolgere le tue attenzioni?

Bella domanda. Mi piacerebbe, più che altro, studiare, approfondire certe aree compositive e sonore. Per poterle esplorare con maggiore cognizione di causa. Il musical, per esempio: mi ci sono addentrato a livello stilistico, si, ma scriverne uno per intero sarebbe ben altro discorso. Anche per le colonne sonore ci sarebbe proprio da studiare. E vorrei colmare in generale le mie lacune tecniche, storiche, in fatto di composizione, di orchestrazione.

Stai già pensando a dei progetti futuri? 

Non c'è momento in cui io smetta di progettare. Il mio cassetto pullula di brani/testi/spettacoli/dischi pensati/"avviati"/"terminati" e mai pubblicati o portati in scena. La concorrenza per il posto di "prossimo progetto" è sempre fitta, anche troppo fitta. Ma il protagonista al momento non ha, nella mia testa, alcun rivale: Stephen Sondheim. E Sondheim sia! Pedalare, pedalare, pedalare.

Vuoi raccontarci qualche esperienza o di qualche lavoro che non abbiamo nominato fino ad ora? 

Una cosa degna di nota che mi è successa negli ultimi anni è stata quella di entrare in contatto con un mio idolo: Marco Castoldi in arte Morgan. Ne ho sempre ammirato enormemente l'estro creativo, la cultura, il carisma nella divulgazione, la poliedricità. Vi racconto. È successo che, all'improvviso, Morgan ha risposto ad un messaggio che gli avevo inviato su Facebook svariati anni prima - quando lo avevo ascoltato in concerto ed ero riuscito a consegnargli un cd su cui avevo messo una mia fuga per celesta (non canonica) sul tema della sua "Canzone per Natale". Il caso aveva però voluto che che dal cd, nella concitazione del momento, cadesse il mio biglietto da visita (e quindi avevo paura che, se anche avesse mai ascoltato ed apprezzato, non avrebbe potuto contattarmi). Così, grazie all'aiuto dello staff della sua pagina ufficiale, avevo mandato un messaggio al suo profilo privato, riservandogli sincere parole al miele - ma senza sperare più di tanto in una risposta. E invece c'è stata, molto, molto più in là -del resto mi avevano avvisato: "non si connette spesso".
È stato pazzesco, ne è nato uno scambio costante e profondo, una frequentazione a tutti gli effetti (per quanto sempre virtuale). Abbiamo addirittura scritto e progettato cose insieme ed ho iniziato a studiare alcune sue composizioni per pianoforte inedite, mi ha chiesto di suonarle. Capitano spesso rallentamenti, purtroppo, con l'accavallarsi dei lavori e di tutto il resto, ma i presupposti per realizzare concretamente qualcosa ci sono ancora tutti.

Al di là del musicista professionista chi è Tom Tea? Chi è Matteo Cocca? 

Tom Tea è un'anagramma del mio nome, Matteo. Il mio primo nome d'arte è stato "Il cappellaio MattEo" e mi piace pensare che sia sopravvissuto, in questo secondo, il tea del personaggio di Carroll che amo molto. Il concetto di anagramma mi affascina perché trovo permei la musica stessa: se prendi tutte le note di una sonata di Beethoven e provi a ricomporle in modi diversi, ti accorgi di poter creare altri infiniti puzzle; puoi ricavarci, che ne so, "Bohemian Rhapsody" dei Queen. O quello che ti pare.
Tom Tea è solo il nome della declinazione artistica di Matteo. Se dovessi definirmi, direi di me che sono inventore e che sono scrittore, di parole e di note. Piacere!


Se per un attimo ti fermassi a pensare alla tua musica come una metafora, quali immagini, colori, forme particolari o altri dettagli ti vengono in mente? Come descriveresti la tua musica? 

Due riferimenti di immagini: il circo ed il cilindro.
Il circo perché mi dà l'idea di tutto ciò che nell'arte è destare stupore, meraviglia. E mi dà l'idea dell'eccentricità, perché stare in un circo (dal latino "circus", cerchio) e sentirsi "lontani dal centro" è esattamente e per definizione essere eccentrici (dal greco "ἔκκεντρος" che vuol dire proprio questo).
Il cilindro mi piace come oggetto, è elegante; mi piace l'immaginario estetico ottocentesco che racchiude in sè ed al quale mi sento legato. E poi fa mi pensare al numero di un mago, che ci tira fuori qualcosa, chissà che cosa! Ancora l'elemento della sorpresa. Ed è bello il gesto del saluto e dell'inchino, con il cilindro. Il levarsi il cappello: un segno di umiltà. Allora, se la mia musica può sembrare un circo ed io posso indossare un cilindro, realmente o idealmente, mi ritengo soddisfatto.

Chiudiamo questa intervista con una domanda che siamo soliti fare a tutti: cos’è l’arte e chi sono gli artisti ? 

Mi sembra perfetto, la domanda finale da un milione di dollari! Vediamo: gli artisti sono onironauti, naviganti del sogno che è l'arte. "Sognatori lucidi". Guai a pensare che non lo siano, lucidi, mentre ce li si immagina, tra le nuvole! Uno dei più grandi dandy dell'ottocento, Boni de Castellane, lo spiega meglio di chiunque altro dicendo: "È bene frequentare le nuvole, perché è dalle nuvole che si vedono i lampi che illuminano l'orizzonte". Ecco, spero possa essere stata una risposta almeno dignitosa.

Grazie Matteo per averci dedicato il tuo tempo, ancora complimenti per il tuo splendido risultato al nostro concorso! Il nostro augurio è quello di portare sempre più in alto i tuoi progetti!

In conclusione vorrei dire qualche "grazie". Voglio ringraziare tutte le persone che mi stanno a loro modo vicino - se questo fosse il ringraziamento di una tesi di laurea, sarei ancora più soddisfatto nel NON dire: "che mi sopportano e che mi supportano". Un grazie speciale lo devo alla mia meravigliosa fidanzata e compagna di vita, Ellah, che mi ha pazientemente spronato ad iscrivermi a questo concorso.
Non che non volessi, ovviamente; è che tendo talvolta a perdermi tra le cose che faccio, ad impigrirmi, a rimandare. Grazie, Ellah, a te vanno tutto l'amore e tutta la stima di cui io possa essere capace ed oltre. E grazie a voi di questa fantastica intervista, occasione per me importante di esprimermi pienamente.


Di seguito i links ufficiali per seguire Tom Tea:

https://www.facebook.com/TomTeaOfficial 

https://www.instagram.com/tom_tea

https://www.youtube.com/@morganaticboy

https://www.tiktok.com/@tom.tea

https://open.spotify.com/intl-it/artist/5vj2CMAJyY3AbNA7PsCHm0

Inoltre vi segnaliamo:

Soundtracks per corti per concorsi:

https://youtu.be/Xct8rjcm29Y?si=jYzSYmss0rjKiHw-

https://youtu.be/zQ-VrViQojo?si=HnkEUGY268_lqi-T

Composizioni e arrangiamenti/trascrizioni per pianoforte:

https://youtu.be/miBXNu2OvbA?si=aJkfm9wHYAEvzEvN

https://youtu.be/UdXqf1L9Yvo?si=K3yQrSq2wV-Cw0ID

Composizioni strumentali:

https://open.spotify.com/track/5JRWPQsafBLgiPhqo0VzDY?si=oPhu0-AyROuh46ELHfHv5A&context=spotify%3Aalbum%3A1tjR7uflEk9hOaaKIMU7VO

Canzoni con feat.:

https://open.spotify.com/track/4XwpaT7BNeKnMiinDWjAYQ?si=ogPlcyasTM-IT41tge3s4g

https://open.spotify.com/track/18nHaXhpMSYSFm4z6MTJTL?si=DV6j7-4oTVuY86f4DDiwIw

https://open.spotify.com/track/1UqPHb4WorOHC96aU4RhBr?si=wKXm-p4URQK4cApwwXPVtw&context=spotify%3Aalbum%3A5A9Jzm1IxILaUQIhXj3ZDo

Copyright © immagini, videoclip e musica Tom Tea, tutti i diritti sono riservati.

Intervista di Marianna L. per Art-Waves

SHARE 0 comments

Add your comment

COPYRIGHT © Art-Waves e-magazine · THEME BY WATDESIGNEXPRESS