Amici di Art-Waves, oggi vi presentiamo Santanoia, band che nasce a Prato nel 2023 dalle ceneri di MAREE, per necessità di Michele Offredi, voce e chitarra, e Cosimo Gallo, chitarra. Cosimo e Michele sentivano che, dopo la rottura di MAREE, avevano ancora tanto da dire, da dirsi, e da dire agli altri. Alla formazione si aggiungono Matteo Banelli al basso e Lorenzo De Rosa alla batteria. Dopo i primi timidi ascolti, il loro sound spigoloso ma delicato viene notato, e vengono invitati al Capanno Blackout di Prato per la rassegna "Piccole Leggende", in apertura alla band fiorentina Tonno. Dalla biografia della band leggiamo : “Santanoia è un contenitore, un posto sicuro in cui potersi nascondere, quando il bisogno di esserci divora la voglia di essere. Annoiarsi, in fondo, è una bella cosa, se sei con la persona giusta”. Abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con la band che di recente è entrata a far parte del roster della label Accannone Records di Max Martulli.
Ciao ragazzi, iniziamo questa intervista partendo subito con una domanda di rito per farvi conoscere ai nostri lettori: come è sbocciata la vostra sinergia?
Ciao amici! Tutto è nato come nascono le cose migliori: nel turbinio dei nostri disastri. Ci siamo resi conto che avevamo bisogno di dire qualcosa, di urlare al mondo che tutti i nostri casini che reputavamo solo nostri, in realtà sono i casini di tutti. E quindi era giusto convergere tutto questo turbine di disastri in una realtà che poteva essere di tutti.
Per conoscervi meglio: Raccontateci il vostro percorso artistico, qualcosa di voi, la storia della strada che avete percorso nel tempo. Come vi siete avvicinati alla musica in generale?
Cosimo (chitarra): ho iniziato a capire che questa storia della musica poteva fare per me quando ho sentito per la primissima volta “Gennaio” dei Diaframma. Quei disgraziati erano delle mie parti, e parlavano di cose che vedevo tutti i giorni, del sopravvivere alla giornata, del pensare ai propri problemi come unici, e lo facevano in un modo che non avevo mai sentito prima, senza nessuna censura o limite. Da li ho deciso che io, sta cosa della musica, volevo farla.
Michele (voce): Mi sono avvicinato alla musica quando ero ancora alle elementari, mio padre mi faceva ascoltare i dischi che aveva in macchina. C’era un po’ di tutto: Iron Maiden, Metallica, ma anche Litfiba e Timoria. Di lì a poco ho iniziato a suonare.
Lorenzo (batteria): Mi sono avvicinato alla musica relativamente tardi (seconda/terza media), grazie a mio padre. Ho sviluppato una certa curiosità per la batteria e dopo un percorso da autodidatta ho deciso di frequentare un percorso sullo strumento prettamente Pop. Dopo qualche anno di studio ho avvertito la necessità di dedicarmi al 100% alla musica e dal 2022 ho cominciato ad insegnare a scuola di musica.
Matteo (basso): Mi sono avvicinato alla musica da bambino. In famiglia tutti suonavano uno strumento. Il mio primo strumento non è stato il basso, ho iniziato a suonare il pianoforte quando ero alle medie, con un repertorio principalmente classico, abbandonato subito fin dai primi ascolti del pop/rock e del metal, che mi hanno fatto avvicinare alla chitarra e al basso in primis.
Parlateci singolarmente degli strumenti che suonate e di come avete scelto di dedicarvi a quello strumento in particolare.
Cosimo (chitarra): ascoltando i vecchi dischi di mamma, ricordo ancora quando sentii per la prima volta l’assolo di chitarra di “E adesso la pubblicità” di Claudio Baglioni e rimasi folgorato dal linguaggio universale che poteva assumere uno strumento come la chitarra, che riesce a raccontare tutto senza bisogno di parole.
Michele (voce): Canto e suono la chitarra, all’inizio del progetto cantavo e suonavo il basso ma poi ho trovato un feeling maggiore sostituendo la chitarra al basso. Riesco a scrivere meglio le linee melodiche e riesco ad immaginarmele meglio quando magari mi ritrovo a suonare a casa da solo.
Lorenzo (batteria): Suono ovviamente la batteria nel progetto Santanoia e sono anche l’autore delle linee di batteria insieme a Cosimo, cerco di conferire al progetto un’impronta molto personale, con l’utilizzo delle dinamiche, pertinenza stilistica, groove, e cerco sempre di mettermi a disposizione del progetto e della musica in generale.
Matteo (basso): Parlando appunto del mio strumento, ho iniziato per mancanza di bassisti nella mia zona, erano quasi tutti chitarristi. Quindi, testardo come sono, ho deciso di dedicarmici per suonare e divertirmi. Dopo è diventata un’ossessione, al punto di preferirlo alla chitarra.
Desidererei approfondire il legame tra il nome della band “Santanoia” e la musica, poiché spesso il nome di un gruppo musicale può rappresentare un'identità artistica o un concetto particolare. Qual è stata l'ispirazione dietro la scelta del nome della band?
Santanoia vuole rappresentare un’identità, un pensiero (forse) condiviso da tutt*: sembra di vivere negli anni in cui annoiarsi è un crimine, tutti dobbiamo fare qualcosa, e quello che facciamo deve essere molto più interessante di quello che fanno gli altri. Ecco, noi non ci stiamo. Pensiamo che la noia sia il più grande motore della creatività, e che abbiamo perso la magia del potersi annoiare, del guardare un film perché “dai, stasera è andata così”. E’ bello annoiarsi, riuscire a sfruttare il momento per capire chi sei. Ed è questo quello che vogliamo trasmettere: abbiate il coraggio di annoiarvi, di mettervi alla prova contro quello che la società reputa “normale”.
L'idea che la noia possa essere una 'bella cosa, se sei con la persona giusta' solleva domande su come percepiamo e interpretiamo il tempo libero e la compagnia degli altri. Mi viene in mente il trovarsi tra amici e suonare, perché la musica ha il potere di trasformare anche i momenti più banali o noiosi in qualcosa di significativo e profondo. Quali sono i vostri pensieri sul rapporto tra musica e noia?
La noia è uno degli strumenti più potenti che abbiamo per fare auto-analisi. Nei momenti in cui nessuno guarda, in cui sei testa a testa contro i tuoi casini, puoi riuscire a capire chi sei e cosa vuoi: è quello che cerchiamo di trasmettere nelle cose che scriviamo. Noi utilizziamo la musica per dare un senso alla noia che spesso (troppo spesso) proviamo, è una valvola di sfogo che ci aiuta a darci una metaforica pacca sulla spalla e dirci: “Dai, andrà sempre tutto meglio”. Ed è quello che speriamo riescano a percepire tutti gli amici che ci ascoltano.
Soffermiamoci sul potere della musica nella vita delle persone e parliamo di come spesso la musica sia presente nei momenti di gioia e dolore nelle nostre vite. Ci sono specifici episodi in cui avete sperimentato la musica come una forza di guarigione o trasformazione?
Il primo pensiero che viene in mente è quando abbiamo concluso la composizione di “se voglio”. E’ stato il primo brano che abbiamo mai scritto, in periodi difficili per tutti noi, ognuno col suo piccolo arcobaleno di incertezze al seguito. Nonostante tutto il rumore che avevamo dentro, abbiamo percepito un silenzio di pace, calma e tranquillità, come se lo stare insieme ci stesse davvero guarendo dal grigiore che ci seguiva da oramai troppo tempo.
"Se Voglio" descrive l’incertezza e la frustrazione di fronte alla complessità della vita e le sensazioni di inadeguatezza e di disgusto che si provano molto spesso quando si lotta contro se stessi in una vita in cui sembra fare tutto schifo. C’è però anche desiderio di liberarsi dalla tristezza e dalla disperazione. “Se Voglio” è un brano che vuole urlare, esorcizzare le paure. Volete raccontarci la storia di questa canzone?
Assolutamente! “Se voglio” è stato il primissimo brano ad essere scritto, ed è esattamente il motivo per cui è stato il primo singolo, volevamo rendere omaggio a quelli che eravamo e scriverlo nella pietra.
Per me (Cosimo) e Michele era la prima volta dopo anni che decidevamo di buttarci a capofitto in un mondo difficile come quello della musica, in cui avevamo tutto da perdere. Avevamo paura: paura che questa Santanoia piacesse solo a noi, che non ci avrebbe aiutato a combattere i demoni che ci inseguivano. Potremmo dire che “se voglio” nasce per esorcizzare le ansie che ci braccavano, ma non scappando, ma affrontandole di petto, dandogli un nome e un volto. Forse è questo, che vogliamo dire con “se voglio”: è normale avere paura, è normale vedere tutto nero, ma vi promettiamo che andrà sempre tutto bene. Ve lo giuriamo.
Nel brano è presente l'immagine dell'arcobaleno, un simbolo spesso utilizzato per rappresentare la speranza e la bellezza, ma in questo caso è accostato a situazioni negative. Quale messaggio volete comunicare?
L’arcobaleno in questo caso rappresenta un’illusione, un’oasi lontana. È solo un simbolo che all’apparenza può farti tornare un briciolo di speranza.
Un sacco di roba, “facciamo cose, vediamo gente”!
La priorità è urlare il più possibile “se voglio” in giro per l’Italia, guardando in faccia chi ogni giorno ci da un motivo per continuare a farlo. E ci sono un sacco di altre cose in cantiere, preparatevi per i prossimi mesi, perché questa santanoia non si ferma neanche per un attimo!
Quale sarebbe secondo voi l’ambiente perfetto per godersi la vostra musica?
Nel posto che più vi fa sentire la noia crescere, nel posto in cui avete meno cose da fare, dove non c’è modo di mentire a sé stessi. Decidete voi quale sia questo posto, per noi è al freddo della nostra cameretta.
Quando state creando una canzone, qual è il punto in cui sentite di aver “detto” tutto quello che volevate?
Quando decidiamo di far cadere la penna, come se avessimo vomitato quel piccolo dramma che ci divora e fossimo riusciti a dargli una forma.
Come fate ricerca insieme per trovare il sound che rappresenta al meglio il brano sui cui state lavorando in un determinato momento?
Abbiamo il nostro piccolo rituale: ci mettiamo seduti al centro della nostra saletta prove e cominciamo ad ascoltare brani su brani, il primo che riesce a smuovere qualcosa lo segniamo con un punticino mentale e lo teniamo ben in testa.
Nel vasto universo musicale, quali artisti vi ispirano maggiormente?
Sicuramente una delle band che più ci ha aiutato a definire il nostro sound sono stati i Gang of youths, una band assolutamente perfetta, la sincrasi più azzeccata tra Springsteen e i Nirvana. In territorio italiano invece, siamo sempre stati affascinati dalla malinconia agrodolce e a volte straziante dei Management.
C'è qualche periodo passato che considerate come un'epoca d'oro in termini di umanità e creatività musicale?
Sicuramente il decennio 2010-2020 è stato un periodo folle, con uscite di un livello qualitativo e di gusto assolutamente mai viste nel mondo indipendente: Fast animals and slow kids, Dente, Zen Circus. Era veramente l’età dell’oro di Berserk.
Ci sono esperienze di vostre performance live che vi hanno particolarmente colpito o insegnato qualcosa di importante?
Abbiamo avuto la fortuna di aprire un concerto dei Tonno al Capanno Blackout di Prato, e vedere quella grinta accostata a quell’amarcord dei loro testi su un palco importante come quello, ci ha regalato un’oretta buona di “Oh raga, ma noi vogliamo arrivare alle persone esattamente in questo modo, che storia”.
Dobbiamo sognare in grande? L’Alcatraz, mamma mia che sogno sarebbe.
Secondo voi la società come potrebbe recuperare o riscoprire l'umanità e la spontaneità attraverso la creazione artistica?
C’è una parola magnifica descritta nel blog “Dictionary of obscure sorrows”. La parola è “sonder”: il momento in cui si prende consapevolezza del fatto che ognuno ha una storia di vita complessa e articolata quanto la propria, che procede indipendentemente dal fatto che qualcun altro ne sia consapevole. Forse dovremmo riuscire ad aprire il cuore, e se l’arte può essere uno stimolo per farlo, raga, facciamolo, vi prego.
Considerando l'evoluzione costante dell'industria musicale grazie alle nuove tecnologie e piattaforme emergenti, come sfruttate le opportunità dell'era digitale per mantenere e ampliare il contatto con il pubblico?
L’idea che la nostra musica potrebbe aiutare qualcuno potenzialmente dall’altra parte del mondo è il più grande incentivo ad avere una presenza online. Abbiamo un grande amico che vive in Olanda, e senza strumenti come Spotify ed Instagram, non sarebbe mai stato in grado di sentire le nostre cose e di stringere lo splendido rapporto che abbiamo. Perché alla fine è questo che conta: creare legami, unirsi, anche a chilometri e chilometri di distanza.
All'interno di Art-Waves, nutriamo una fervida curiosità nell'esplorare costantemente nuovi artisti e realtà musicali, considerando i suggerimenti provenienti dalle nostre interviste come un affascinante veicolo per immergerci in mondi paralleli e sconosciuti. Ultimamente, quali riferimenti sonori, artisti o band hanno catturato la vostra attenzione?
Gran figata ragazzi, chapeau. Ultimamente ci stiamo molto appassionando alla cruda realtà dei Vintage Violence in territorio italiano. Oltreoceano invece, stiamo diventando sempre più ossessionati dal sound incredibile di “Mechanical Bull” dei Kings of Leon.
Se per un attimo vi fermaste a pensare alla vostra musica come una metafora, quali immagini, colori, forme particolari o altri dettagli vi vengono in mente? Come descrivereste la vostra musica?
Una cena di gala in un campo incolto: triste al primo sguardo, ma che gran figata fare una serata così.
Chiudiamo questa intervista con una domanda che siamo soliti fare a tutti: cos’è l’Arte e chi sono gli artisti ?
Cosimo (chitarra): Una prof di Italiano al liceo mi disse una frase che mi è rimasta inevitabilmente tatuata nel cuore: “Artista è colui che, parlando di sé, parla di te”. Se i miei casini possono aiutare qualcuno a sentirsi meno solo, allora è mio compito raccontare, per sentirci tutti meno soli.
Michele (voce): L’arte è un concetto enorme, è una cosa estremamente soggettiva. L’artista, più che altro, è un concetto usato con troppa semplicità. È meglio sentirselo dire che auto-nominarsi.
Lorenzo (batteria): è ovviamente uno dei concetti più relativi e soggettivi. Ho sempre pensato che l’arte si possa trovare in tutto, anche nei lavori più umili, non dipende quindi dallo strumento che viene utilizzato ma dall’anima che gli viene conferita dalla persona. Penso che essere un cantante o un musicista non faccia necessariamente di te un’artista e che si possa creare arte anche solo facendo il metalmeccanico o il carrozziere.
Matteo (basso): L’arte per me è uno stile di vita. Non sono mai stato un grande appassionato delle arti figurative, preferisco cose più concrete, che ricordano qualcosa di reale, come la fotografia, la cucina e la musica. Io non mi reputo un’artista ma mi metto a al servizio dell’arte. Gli artisti sono coloro che vivono della propria arte secondo me, oppure dei sognatori, dei creativi, delle persone vive.
Grazie ragazzi per averci dedicato il vostro tempo. Vi auguriamo un futuro pieno di traguardi che portino sempre a voi e a chi vi ascolta grandi emozioni!
Di seguito riportiamo tutti i link ufficiali dove poter seguire la band Santanoia:
Instagram: https://www.instagram.com/santanoia.siamo
Youtube: https://www.youtube.com/@siamosantanoia
Spotify: https://open.spotify.com/intl-it/artist/69GEuIc5IGjL8Hxx80cHdj
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Intervista di Marianna L. per Art-Waves
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